Stazione radar

Monte Lema 1993

L'architettura definisce un luogo, lo modifica creando nuovi rapporti e ne identifica aspetti singoli, nascosti o semplicemente dimenticati.
Il sito è determinato dallo spazio e dal tempo, ha una forma e una memoria. La sua individualità suggerisce l'idea, il segno che diventerà poi permanenza.
L'architettura oggi è solo un piccolo avvenimento nel paesaggio costruito, non è più fatto unico, ma costituisce un insieme. Diventa quindi un privilegio potersi confrontare unicamente con la natura con un luogo dove lo spazio è illimitato e il tempo non è stato ancora definito.
La cima di una montagna, un panorama senza confini che va dal lago di Lugano al Monte Rosa, una croce quale unico segno della storia, sono le componenti che caratterizzano il sito di progetto. Pensare l'ultimo limite fra terra e cielo con il solo riferimento d'una roccia è il tema.
La proposta cerca di stabilire una relazione con le caratteristiche del luogo accentuando uno sperone già esistente. L'edificio situato perpendicolarmente alle curve di livello si pone con forza nel sito e diventa un elemento essenziale del paesaggio.
Il contenuto è un radar meteorologico, funzione che implica elementi formalmente precisi e definiti come la gigantesca sfera. L'intera costruzione diventa lo zoccolo di tale oggetto, una lama fra le rocce che appartiene chiaramente alla montagna.
Il progetto si sviluppa essenzialmente attorno ai seguenti aspetti: la relazione con la montagna, il panorama, le esigenze funzionali. L'ultimo piano, leggibile dall'esterno, è il belvedere, una terrazza che conclude il sentiero d'accesso alla cima del Monte Lema. La sfera marca il punto finale della passeggiata. Tale belvedere, accessibile al pubblico, diventa il contenuto più importante, l'idea suggerita dal luogo. Gli altri quattro livelli, interni alle mura, definiscono, in ordine, gli spazi per un luogo di sosta e di lavoro per tecnici, vari locali per apparecchiature radar (ISM) e VHF (Swisscontrol), una centrale di climatizzazione, un locale batterie, un'officina e una centrale elettrica.
Le dimensioni sono minime e rispettano le esigenze della funzionalità. Lo spazio, lungo e stretto, viene organizzato razionalmente. L'immagine voluta è legata al futuro, a luoghi non familiari alla nostra consuetudine. La scelta dei materiali, i contrasti fra le superfici, i riflessi di luce e le insolite proporzioni dello spazio contribuiscono all'astrazione di questo luogo rispetto alle nostre immagini abituali.
Le circolazioni giocano all'interno di questo minimalismo. Le scale a rampa semplice sono mobili. Scorrendo lungo una rotaia lasciano lo spazio a un montacarichi. Come in una macchina, ogni misura, ogni movimento, ogni funzione sono studiati al limite dell'essenziale.
Il linguaggio adottato è coerente con l'idea del progetto e si esprime con semplicità. Una cornice, piccoli buchi rotondi quali finestre, muri leggermente inclinati, sono i motivi elaborati. Soli elementi estranei e contrastanti con la massa dello zoccolo sono una passerella d'accesso e il piedistallo della sfera. L'immagine è quella d'un bastione, un'architettura che domina pur utilizzando le leggi stesse della natura.
I materiali impiegati rispondono alle pretese formali e costruttive. In analogia al tema dello zoccolo, i muri esterni sono in cemento armato facciavista. Una particolare posa dei casseri modula la superficie esterna. Le pareti interne, rivestite in BKS, ripropongono il tema del muro quasi grezzo, non raffinato. In contrasto, tutti i rivestimenti in lamiera dei soffitti e dei pannelli divisori permettono una chiara lettura della struttura principale rispetto alle parti accessorie. Lo stesso pensiero di stacco fra muro massiccio ed elementi aggiunti, fra sentimento del non finito e del finito caratterizza le scale, la passerella, il supporto della sfera e le finestre.

Sandra Giraudi

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