Casa Mafferetti

Arosio 2005

Nel nucleo di case-cascine trasformate in modo incerto e maldestro, dove più non è possibile leggere l’antica povera ma dignitosa semplicità dell’architettura e neanche l’espressione di una nuova dichiarata identità, solo i vicoli stretti fra le case e i vuoti ancora in parte leggibili delle corti sono rimasti coi loro tracciati e i loro spazi a indicare il ricordo di una storia di faticosa cultura contadina.
In uno snodo tormentato di questi viottoli è sorta nel paese l’eccezione.
Un’abitazione si erge interpretando il sito e diventa sé stessa plasmata dagli elementi che caratterizzano il luogo: i sentieri definiscono la forma della parcella e le linee direttrici della pianta, le corti e le case adiacenti le risposte volumetriche, gli scorci di paesaggio ispirano le aperture.
Il volume sorge solido e preciso, scultura scolpita nel beton, e reagisce con le sue forme ai fatti salienti del luogo.
Il risultato è un piccolo “gioiello solitario”che vive di luce e di vita propria di cui permea i dintorni.
La casa nasce dal muro che segue il percorso in curva del vicolo e diventa zoccolo che contiene le tecnologie necessarie al funzionamento della casa, la rimessa per l’automobile, gli spazi di deposito, gli spazi secondari.
Il muro definisce la corte aperta là dove era, unica traccia conservata della costruzione demolita, in perfetta relazione con le altre corti esistenti. Lo zoccolo sostiene la casa, la corte sopraelevata diventa lo spazio terrazza che mette in relazione il soggiorno con il paesaggio delle colline che scendono, con il dolce ritmo delle nostre Prealpi, verso sud.
La scala è un vicolo interno che porta a muoversi nella casa alla scoperta di spazi e scorci di paesaggio impensabili dall’esterno.
Lo spazio adibito alla vita durante il giorno comprende due mondi: quello esterno con la corte, il paesaggio, il sole e la luce e quello interno coperto.
I due mondi sono divisi da una sottile membrana di vetro che può essere completamente aperta e quindi lo spazio è tutto proiettato verso il mondo esterno o chiusa per ritrovare una dimensione più intima all’interno.
Proseguendo il percorso della scala si arriva al piano superiore delle camere dove il rapporto con l’esterno è più dosato, con aperture e scorci indirizzati alla fruizione di punti precisi del paesaggio.
La luce entra da tagli sapienti che regolano ed esaltano gli spazi interni.
Il materiale, il beton a faccia vista, ha la stessa forza delle pietre tagliate dei pochi vecchi muri ancora affioranti qua e là come pezzi di archeologia e con i quali stabilisce un rapporto di reciproco intenso confronto.

Franco Poretti

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