Posteggio coperto
A Sonvico, su un pendio aperto verso la valle di Lugano si è posata quasi a voler riprender fiato dopo il faticoso volo verso sud, una struttura volante venuta chissà da dove. La gente la intravvede da lontano e si avvicina curiosa e con ritegno, attratta dall’insolita figura. Potrebbe essere l’inizio di un racconto fiabesco ma è solo la descrizione di un piccolo evento dell’architettura: con una semplice tettoia e un’autorimessa si è creato un luogo con una immagine che va oltre la funzionalità del tema, inizialmente previsto. L’automobile è solo un pretesto, oggetto secondario, lì quasi per caso, il luogo è il pendio, tra giardini e vigne dove si installa a livello di strada un piano belvedere coperto da una vela. Il paesaggio e l’aria passano attraverso il vuoto dello spazio quasi a voler sollevare la vela per far riprendere alla struttura il volo interrotto, la quale però, nel frattempo, invaghitasi del luogo, si è insediata nel pendio solidificandosi.
Le due spalle di beton la trattengono entrando con decisione nella terra e trasformando l’esigenza statica in precisa “espressa architettura”. Sotto nello zoccolo che scompare in parte nel terreno c’è lo spazio chiuso degli attrezzi, che si sottomette anch’esso alla volontà primaria della struttura, quasi trattenendosi e arretrando leggermente anche in facciata. Il paesaggio circostante ha un’orografia dolcissima e avvolgente, dimensione primaria sagomata in infinite forme che tutto disegna. Nella dimensione secondaria del quartiere tra ville, orti e giardini la tettoia diventa punto di riferimento, masso erratico infossatosi come meteorite nel terreno, menhir, totem a cui si guarda, attratti dal fascino misterioso e intrigante “dell’espressa architettura”.
Franco Poretti