Villa Lugano
La villa è rigorosamente introversa. La sua percezione è un'incognita da scoprire lentamente, avvicinandosi ai muri, gustando i patii di transizione e, in ultimo, svelando la corte che silenziosamente ruba un angolo del paesaggio. Gli spazi sono segnati da limiti che nel loro insieme definiscono un involucro. Questi limiti sono il tema centrale del progetto, dove l'espressione del muro diventa l'occasione per esprimere armonie e contrasti, per creare un evento diverso nella banale ripetitività dei quartieri residenziali.
Esternamente l'espressione dell'involucro tende a una radicale astrazione. Muri preziosi, lisci e raffinati, a ridosso d'altri muri, volutamente grezzi e irregolari, delineano la prima immagine. I primi, in beton bianco, delimitano la casa, i secondi, in cemento armato, percorrono il perimetro del terreno definendo l'accesso e la tettoia del parcheggio: una vela orizzontale che contrasta con la verticalità dei muri di confine.
Il tema del tetto viene reinterpretato rispetto alla prassi. La superficie orizzontale rivolta verso il cielo, quale quinta facciata della casa, è affrontata esattamente come le superfici verticali in beton bianco, come un muro parte d'un involucro assolutamente omogenee, in cui i lucernari appaiono del medesimo materiale della copertura.
Internamente i muri e i soffitti in stucco encausto sono superfici lisce, lucide, sensibili a ogni sfumatura di luce. Gli altri muri sono superfici grezze e opache dove la qualità risiede totalmente nel pregio del materiale: la pietra del Marocco. Questi muri marcano punti speciali nella zona d'entrata, attorno al focolare e nei bagni dove persino il lavabo, intagliato nella stessa pietra, diventa parte del muro.
Il colore quasi non esiste. Un tono avorio in alcuni momenti più dorato o cangiante, limita lo spazio. Solo la scala gode del privilegio d'una lucente parete rossa che accompagna la discesa al livello interrato.
La scelta tipologica, anch'essa radicale, viene inseguita con profondo rigore. Il pavimento in legno di teak sia all'interno che all'esterno, sottolinea la continuità dello spazio.
Sandra Giraudi