Camera ardente
Esistono architetture in cui a dettar legge non sono l’architettura o la città, ma il significato che esse rappresentano. Sono edifici “soli”, dal grande valore collettivo. La memoria ha dato loro una forma dall’espressione unicamente simbolica. La camera ardente è l’ultimo momento di comunione fra i vivi e i morti, un luogo di profondo raccoglimento e silenzio. È uno spazio celebrativo dove l’importante è solo il passato e il ricordo che ha lasciato. Oltre l‘aspetto affettivo, la camera ardente segna anche il trapasso dalla terra al cielo, dalla vita all’eternità.
L’idea proposta è essenziale, immobile. La sua forma primaria trasmette un senso immediato di permanenza, di assoluto. È un valore che resta oltre il trascorrere del tempo e della morte. È una struttura elementare che s’innalza sopra un basamento. La cella ne costituisce la parte centrale, mentre un portico crea l’attimo di transizione necessario fra il luogo religioso e il mondo esterno. È uno spazio introverso, celebrativo, rivolto solamente verso il cielo e l’eterno. La luce zenitale lo identifica e ne stabilisce i limiti terreni. Molto più oscura, silenziosa e riservata è la cripta, un punto d’attesa e preghiera. Tale spazio, nello zoccolo dell’edificio, nega ogni relazione con l’esterno e cerca unicamente l’intimità con la morte.
Attorno al defunto, parenti e amici, possono commemorare per l’ultima volta il passato. La luce, data da strette feritoie nel muro, è tenue, sommessa. Due scale appartate, fra l’edificio e un muro, conducono alla cripta. I materiali impiegati rispondono all’essenzialità dell’idea e al valore simbolico del contenuto. Il basamento e la struttura sovrapposta sono espressi in calcestruzzo faccia a vista bianco. Pannelli rivestiti di marmo costituiscono le pareti di tamponamento della camera ardente. I pavimenti in pietra naturale e i soffitti disegnati in funzione dello spazio completano l’atmosfera con modestia. La luce resta sempre l’elemento primario, il nesso più profondo con l’assoluto.
Sandra Giraudi